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ANTONIA DA FIRENZE

Tra le splendide figure di «Chiare» che illustrano quel secolo fecondo che fu il ‘400, quella della B. Antonia da Firenze ci richiama immediatamente l’originalità di Dio nel realizzare il suo disegno su coloro che chiama a sé con un vincolo più stretto. Egli, che è più intimo a noi di noi stessi e ci ha plasmato in modo unico e irrepetibile, rispetta le caratteristiche di ciascuno. All’appassionato e ardente Paolo basta l’incontro sulla via di Damasco per diventare lo strumento eletto che porta Cristo ai pagani. Antonìa invece appartiene a quella specie di persone in cui le scoperte avvengono per gradi con un ritmo che esige un cammino di anni.

Ci sentiamo un po’ a disagio nell’esprimere le nostre considerazioni sulla sua personalità perché non ci è rimasto nulla dei suoi scritti, se pure sono esistiti; le antiche fonti non riferiscono parole udite direttamente da lei e a volte si ha l’impressione che nel tessere l’elogio delle sue virtù si segua un modello comune, riportando quei tratti che con sfumature diverse si ritrovano in tutti i santi.

Per comprendere qualcosa della sua personalità dobbiamo riferirci soprattutto alla sua vita, alle varie tappe che l’hanno caratterizzata.

Antonia nasce a Firenze all’inizio del ‘400 da una famiglia «onesta». Di più non ci è dato sapere. La sua infanzia deve essere trascorsa senza scosse, in un clima sereno e semplice, di una religiosità tranquilla ma non particolarmente impegnata, che non la porta a porsi problemi di coerenza o di vocazione. La vita ordinata della famiglia le appare l’ambiente naturale in cui svilupparsi e si sposa giovanissima con un «onesto» giovane di cui non è ricordato nemmeno il nome.

E’ una scelta voluta, non subita e Antonia vive nel matrimonio impegnando tutte le sue energie di donna, felice della maternità che presto si affaccia. Tutto sembra preludere a un cammino di sposa e di madre con tutte le sue conseguenze, ma praticamente senza storia, perché costituisce la condizione comune della donna, non solo nel ‘400. Improvvisamente però accade qualcosa che cambia il corso della sua vita. Il bambino ha pochi anni quando le muore il marito.

Questo avvenimento doloroso che la sconvolge privandola della persona amata, non getta Antonia nella disperazione, ma la spinge a riflettere sul senso della vita e pian piano si affaccia in lei l’intuizione di un Amore più grande di quello dello sposo che ha perduto Intanto arriva a Firenze Bernardino da Siena, il grande apostolo del suo secolo, e le sue infocate parole sull’amore di Gesù le penetrano fino in fondo all’anima. Inizia così un cammino di conversione, di progressiva trasformazione nel Cristo divenuto l’unico Amore. E’ un cambiamento che possiamo leggere soltanto nei segni esterni, capaci però di rendere tangibile quanto avviene nell’intimo tra la giovane donna e il suo Dio.

Non cede alle affettuose ma continue insistenze dei genitori e rifiuta di risposarsi. In un primo momento forse questa decisione è legata al ricordo dell’uomo che ha amato e che non si sente di «sostituire» con un altro. Più tardi però questo sentimento cede il posto all’esclusività dell’Amore immenso che le è nato dentro ed è per questo che non potrà mai più essere la sposa di un uomo. A un certo punto le esigenze di questo Amore le chiedono anche di lasciare quanto di più caro le resta al mondo: il suo bambino. Non è una decisione presa in un momento di euforia, ma è lungamente meditata e sofferta, resa possibile soltanto dalla scoperta del grande amore con il quale Cristo ci ha amato morendo per noi sulla croce, che segnerà tutta la sua vita.

Lo sguardo al Crocifisso sarà l’elemento fondamentale di tutte le sue scelte nate sempre dal desiderio di conformarsi a Lui. Ha circa trent’anni quando abbandona tutto ed entra nel monastero delle Terziarie francescane appena fondato dalla B. Angelina da Marsciano. Si tratta di una nuova forma di vita religiosa, che seguendo la spiritualità di Francesco d’Assisi e ispirandosi alla Regola del Terz’Ordine vive i tre voti religiosi, senza il vincolo della clausura.

Nulla ci è detto dei primi momenti di vita religiosa che Antonia trascorre nella sua città. Il soggiorno a S. Onofrio però non si protrae a lungo, forse non dura nemmeno un anno, poi la fondatrice la chiama a Foligno. Questa volta è l’obbedienza che la conduce a una nuova tappa del suo cammino di spogliazione. Lasciare la sua città infatti vuoi dire separarsi definitivamente dagli affetti più cari, ai quali ha rinunciato, ma che finora sono rimasti vicini.

Dal 1430 al 1433 la giovane religiosa trascorre il suo tempo in tre monasteri diversi, oltre a Foligno è inviata per periodi più o meno lunghi ad Assisi e a Todi. E’ una semplice annotazione, ma ci dice quanto la testimonianza di Antonia sia importante per il cammino delle comunità del nuovo Istituto. Altra nota caratteristica di questo periodo è il rapporto di amicizia, nato da profonda sintonia interiore, che Antonia stabilisce con la fondatrice e anche con la giovane suor Paola di Foligno. Queste considerazioni ci portano a scoprire un’umanità ricca, capace di rapporti profondi che non ci stupisce in una donna che ha vissuto l’esperienza, diretta dell’amore umano. Ci dicono anche come la suora trentenne non ha rinnegato i valori profondi della sua femminilità, ma li ha armonizzati con la nuova vita che Cristo continuamente le dona.

Intanto si profila l’opportunità di una fondazione all’Aquila e la B. Angelina chiama Antonia, che in quel momento si trova a Todi, per inviarla come «ministra» nel nuovo monastero di S. Elisabetta nella città abruzzese. All’inizio del 1433 il piccolo gruppo di suore al quale appartiene anche suor Paola, che sarà unita a lei in tutti i momenti più importanti, si mette in viaggio verso la nuova destinazione che costituirà per la nostra beata il luogo scelto da Dio per perfezionare il suo dono totale, per dare gli ultimi tocchi a quel capolavoro che vuoi fare di lei.

I primi anni della nuova comunità sono caratterizzati da una vita povera, stimolata dall’esempio della «ministra» che non teme di questuare di porta in porta secondo lo spirito di Francesco, che vedeva nella mendicità una via alla conformità al Cristo povero, perché il possedere soltanto Lui costituisce l’eredità promessa ai poveri.

La vita di preghiera è intensa e molte giovani vengono a condividere l’ideale evangelico. Il bisogno di silenzio, di lunga e intensa preghiera si fa via via sempre più forte in Antonia e in alcune delle sue compagne che vivono in piena sintonia con lei, mentre l’accresciuta fama e il numero stesso delle suore moltiplicano i rapporti con i secolari a scapito del raccoglimento e in ultima analisi dell’austerità della vita.

La «ministra» sente sempre più che questo genere di vita non risponde in pieno all’esigenza di dono totale al suo Signore che si fa sempre più forte dentro di lei. Nel 1439 muore la B. Angelina e questo avvenimento, che è fonte di sofferenza profonda al suo cuore legato alla fondatrice da quell’amicizia così intima e spirituale che soltanto i santi hanno pienamente sperimentato, rende ancor più precaria la vita delle Terziarie. La sua forte personalità infatti era praticamente l’unica Regola che le teneva unite. Questo dato di fatto e ancor più l’assenza del timore di separarsi spiritualmente da colei che ormai in cielo può comprendere pienamente il suo gesto, spingono sempre più suor Antonia verso una vita che permetta un’unione più totale con Dio e una realizzazione più radicale dell’ideale evangelico.

Anche questo è un cammino lento, vissuto in una evoluzione progressiva che ha un altro momento culminante nel 1444, quando Bernardino, il grande ispiratore del rinnovamento del suo secolo, lascia la sua ultima decisiva testimonianza andando incontro al Signore proprio all’Aquila. Ormai del progetto di vita claustrale si parla apertamente a S. Elisabetta e un piccolo gruppo di suore si prepara ai grande passo fidandosi interamente di Dio per la sua realizzazione.

Colui che muove i cuori verso l’attuazione dei suo disegno si serve di un altro grande figlio di Francesco, l’abruzzese Giovanni da Capestrano. Egli predica la quaresima del 1447 con il vigore e la decisione che gli sono congeniali. Suor Antonia e le sue compagne l’ascoltano con l’intima gioia di chi sente vicino il compimento dei propri desideri, desideri che cercano di comunicargli al più presto. Il santo non si limita a parole di esortazione, ma da vero uomo di azione qual è si mette subito all’opera per trovare una sistemazione per una comunità di sorelle povere di S. Chiara che vogliono vivere la sua Regola con tutte le sue esigenze. Il progetto risponde pienamente all’impulso interiore che lo spinge a infiammare le comunità di Clarisse che incontra sul suo cammino a tornare alla prima Regola, quella che Chiara ha ottenuto finalmente sul letto di morte.

Finalmente, dietro suo interessamento, il monastero domenicano dell’Eucaristia dove è rimasta una sola monaca è messo a disposizione della fraternità nascente. Le 14 suore Terziarie che vogliono abbracciare la nuova vita fanno il loro ingresso nel luogo preparato per loro il 16 luglio. Giovanni da Capestrano si preoccupa della loro formazione alla vita clariana e fa venire dal Corpus Domini di Mantova - il monastero che ha goduto più direttamente della sua opera di rinnovamento - il testo della Regola con le Costituzioni preparate da lui stesso per quella comunità e diffuse poi in quei monasteri che sono stati i centri di irradiazione dell’Osservanza.

Suor Antonia è chiamata ad essere la prima Abbadessa di questo gruppo di donne assetate con tutta l’anima dell’ardente desiderio di andare fino in fondo nella conformità ai Crocifisso povero. Presto le contrarietà da parte delle suore Terziarie rimaste a S. Elisabetta e anche da chi avrebbe dovuto sostenerle mettono alla prova la loro volontà di vita evangelica. I frati dell’Osservanza infatti rifiutano di seguirle spiritualmente perché ritengono troppo austero, anzi umanamente impossibile questo stile di vita. Fra Giovanni, che si trova all’estero, ne viene informato, forse dalla stessa madre, e manda da lontano due frati che si occupano della assistenza spirituale alle sorelle. il Signore però li chiama molto presto a sé, ma il loro esempio scuote gli Osservanti dell’Aquila che riprendono il loro servizio.

Dal canto suo suor Antonia deve superare la lotta che viene dai suoi familiari, soprattutto dal figlio che, alla notizia della sua decisione, giunge fino all’Aquila per spingerla a rinunciare a una vita così assurda. Non conosciamo le espressioni della profonda sofferenza di questa donna sensibile, ma possiamo intuire quale peso abbia avuto questa nuova prova nel suo cammino di abbandono totale nelle mani del Padre.

Un’altra caratteristica spiccata del nuovo monastero di Sorelle povere è una povertà così assoluta che spesso priva le suore del minimo nutrimento. il fatto è così evidente da diventare il sigillo di questo luogo per il popolo, che spontaneamente lo chiamerà monastero di «S. Chiara Povera». L’accettazione serena e gioiosa di questa povertà estrema è sorretta dall’esempio e dall’incoraggiamento di suor Antonia che stimola le sorelle, divenute presto numerose, a una dedizione totale a Colui che per amor nostro tutto si è donato.

La sua esperienza profonda dell’amore di Dio nella contemplazione è un segreto gelosamente nascosto, ma che trapela a tratti da tutto il suo essere e accende sempre più il desiderio delle altre. Nei sette anni di servizio alle sorelle dà una impronta profonda alla comunità che guida con dolcezza e decisioe. Ci troviamo di fronte a una personalità matura, esperta nel cammino umano e soprannaturale, resa dolce e amabile anche dalle molteplici esperienze della vita e allo stesso tempo sicura nel correggere e nel puntare diritta verso l’ideale. Non ammette compromessi e si impone per l’autorevolezza insita in quanto afferma o chiede.

Quello che realizza tra le sorelle è il frutto di una vita vissuta intensamente che ha fatto di lei una donna completa, forte della fortezza che viene da Dio, umile per quella consapevolezza profonda di aver tutto ricevuto da Lui che caratterizza la maturità della fede e infine interamente donata all’amore del suo Signore Crocifisso.

Si tratta di quell’esperienza di Dio così intensa che conduce le Sorelle Povere di S. Chiara a una vita mistica che è comunione d’amore in senso assoluto, semplice e indicibile ad un tempo, come le realtà più profonde che Dio stesso ha plasmato.

Possiamo soltanto balbettare qualcosa intorno al mistero della vita di una donna che non si possiede più perché in lei vive pienamente e liberamente quella Trinità santissima che è il suo unico Bene. Ci è difficile parlarne anche perché suor Antonia non ha comunicato nulla del suo segreto, che è la sintesi della sua vita soprattutto in quegli ultimi 18 anni vissuti come semplice suora plasmando la fraternità con la forza della sua testimonianza e facendo di quella famiglia di Sorelle Povere un centro di rinnovamento per il secondo Ordine francescano.

Questi anni fino all’incontro con il suo Signore, avvenuto nei 1471 a 71 anni, non hanno storia perché sono una continua e intensa comunione d’amore nota a Dio solo che in parte ha voluto manifestarla dopo la sua morte diffondendo tra le sorelle e tra il popolo la consapevolezza della santità di questa donna che ha creduto al suo Amore.

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